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Dal paesaggio al panorama, dal panorama al paesaggio
Una mostra fotografica di Sergio Camiz
Una mostra che presenti fotografie di paesaggi naturali, così come un osservatore li vede durante una gita, un'escursione, un viaggio, anziché una mostra semplice come si potrebbe credere (perché si potrebbe azzardare che un panorama è sempre bello), si presenta come una mostra piuttosto complessa. In effetti, è la fotografia del paesaggio naturale che è più complessa di quanto non sembri. Infatti, se appunto un ambiente naturale ci appare quasi sempre come bello, in particolare se incontaminato, una sua fotografia non è detto che lo sia. Anche se far una bella fotografia d'un bell'ambiente può esser molto semplice (e ce ne sono tante), può esser invece un tema assai complesso fare in modo che quella fotografia di quel panorama sia bella.
Fare una mostra sul paesaggio naturale presuppone anche un motivo, uno scopo, un'idea che vada al di là della semplice presentazione di belle immagini, altrimenti il rischio è quello di presentare solo delle belle cartoline. In questo caso, il motivo è duplice: da un lato è quello di cercar di spiegare come io vedo gli ambienti naturali e mostrare quel che son riuscito a vedere nelle tante occasioni che ho avuto. Dunque uno scopo documentativo. Dall'altro è quello di sapere cosa altri pensano del contenuto di queste mie visioni. Quindi uno scopo interpretativo. Ho sottoposto il problema a degli architetti del paesaggio, proprio per capire se gli elementi che a me risultano interessanti corrispondono in qualche modo al loro modo di leggerlo, con una particolare attenzione al Genius Loci. Già, il Genius Loci. Mi son detto parecchie volte che una bella fotografia d'ambiente naturale dovrebb'essere esaurientemente rappresentativa del paesaggio che ritrae. Posso dire che una bella fotografia dovrebbe esser sufficiente da sola a suggerire l'atmosfera che l'ambiente propone od evoca. Allora, ho pensato che il concetto di Genius Loci potesse corrispondere abbastanza bene a questa mia idea. Per questo ho chiesto agli architetti Achille Ippolito, Benedetto Todaro, Pietropaolo Cannistraci e Serena Savelli, ma anche alla geologa Silvia Peppoloni, d'aiutarmi a capire cos'è il Genius Loci, se e come si mette in relazione col mio modo di far fotografie, ed in particolare se esso si evince dalle mie immagini. La mostra che presento ha lo scopo di mostrare questo studio collettivo, fatto a partire dalla selezione del materiale che ho realizzato negli ultimi sette anni durante i miei viaggi di lavoro e le mie vacanze. In questo senso, i loro commenti, invece che semplicemente illustrativi o critici del mio lavoro, costituiscono una parte integrante della mostra. Questi autori hanno voluto che la selezione s'incentrasse sulla montagna, perché la sua presenza qualifica il panorama in modo determinante: se ci sono montagne è verso di esse che lo sguardo s'orienta e pertanto esse rappresen- tano la più evidente, forse la più autorevole, identificazione di Genius Loci. Non è un caso se gli dei dell'Olimpo avessero scelto questa cima, la più alta della Grecia ed assai impervia, per abitarci. Abbiamo quindi pensato ad un percorso ideale d'immagini, che dalla pianura portasse in montagna. Il percorso si svolge in cinque tappe. La prima tappa è situata in un ambiente veramente particolare, La Payunia, caratterizzato da un'incredibile quantità di vulcani. La seconda è piuttosto una riflessione sulle rughe, che risultano soprattutto considerando la tettonica. Dalla terza comincia il cammino vero e proprio verso l'altezza. In realtà più che di altezza geografica si dovrebbe parlare d'altezza morfologica, dal momento che nella parte bassa s'incontrano soprattutto immagini di boschi che coprono le pendici dei monti, nella parte media si trovano cime rocciose, in particolare quelle Dolomitiche, ed in quella alta ci si trova in ambienti glaciali, i più alti e selvaggi. Si tratta, come ho detto, di fotografie effettuate durante delle brevi escursioni. Per questo motivo, nessuna di esse è stata preparata, soprattutto per mancanza di tempo. Una bella fotografia d'ambiente naturale richiederebbe una conoscenza approfondita dell'ambiente stesso, che permetta innanzitutto d'identificarne gli aspetti di maggior interesse. Il fatto che si tratti d'una fotografia in luogo aperto e non costruita in studio non significa infatti che non vada studiata a fondo e con estrema attenzione. Si tratta quindi d'identificare la parte d'ambiente che va rappresentata e di scegliere il punto di vista e l'inquadratura più adatti. Poi occorre scegliere il momento migliore della giornata, considerando la posizione del sole per la disposizione di luci ed ombre, la condizione del cielo, con mancanza o presenza di nubi, per la miglior tonalità dei colori, ma anche, per quanto possibile, una certa disposizione delle nuvole, che può entrare in modo dialettico con le altre componenti dell'immagine. Non ultima, anzi probabilmente prima d'altri elementi, la stagione, che ovviamente trasforma l'ambiente più d'ogni altro elemento. Purtroppo, nessun controllo di queste condizioni è stato mai possibile, se non selezionando a posteriori alcune immagini fra le tante riprese. Dal punto di vista tecnico, non ho molto da dire. Da quando sono passato alla fotografia digitale, nel 2004, ho deciso d'utilizzare degli apparecchi, i cosiddetti bridge o prosumer, che sono una via di mezzo fra le reflex, costose e pesanti, e gli apparecchi amatoriali, leggerissimi ma di non gran qualità. Penso che essi possano attualmente giocare il ruolo che giocò la Leica negli anni '20: apparecchi di buona qualità, a costi accessibili, ma soprattutto leggeri e molto maneggevoli, dunque ideali per portarli con sé in ogni occasione. Purtroppo la qualità dell'immagine prodotta dagli zoom di questi apparecchi non è proprio la stessa che risulta da un obiettivo per reflex a focale fissa, né la rapidità della ripresa è confrontabile, ma tutto questo è abbastanza sopportabile, considerando la loro leggerezza ed i loro costi. Nella maggior parte dei casi, mi sono affidato agli automatismi della macchina fotografica, salvo modificare di 1/3-2/3 i diaframmi proposti ed includere un colpo di flash per schiarire le ombre, quando necessario. Le fotografie sono state rielaborate al calcolatore: innanzitutto sono state quasi tutte inquadrate, poiché il formato digitale 3 x 4 è troppo tozzo. Ho quindi cercato di far entrare le immagini nel formato aureo, 1.618 x 1 orizzontale o 0.618 x 1 verticale. È un po' più allungato del formato classico 2 x 3 della Leica, ma forse ancora più armonico, senza contare poi tutto quello che evoca sul piano artistico, oltre che matematico. Certo, non sempre mi è stato possibile, perché alcune immagini non lo avrebbero consentito senza tagli che avrebbero snaturato la composizione. Le altre elaborazioni hanno riguardato soprattutto il rapporto fra luci ed ombre, luminosità e contrasto complessivi, la saturazione. In queste elaborazioni ho cercato comunque di correggere gli errori della ripresa, rispettando al massimo la situazione reale. Si tratta di elaborazioni alla portata di tutti coloro che siano dotati d'un buon programma d'elaborazione fotografica: niente dunque di particolarmente professionale. Posso affermare che una mostra fotografica preparata a questo modo è una mostra nella quale, per parte mia, ho cercato di proporre immagini di una certa qualità tecnica, ma senza sentire il bisogno d'eccellere. A mio parere infatti, senza i presupposti artistici d'eccellenza, che avrebbero richiesto lo studio dell'immagine in sede di ripresa che ho discusso all'inizio, non ha alcun senso l'eccellenza tecnica. Si tratterebbe d'una mascheratura volta a coprire i difetti compositivi o dell'immagine, immancabili in fotografie fatte senza alcuna preparazione particolare. Al contrario, l'uso d'apparecchi tutto sommato economici e di programmi facilmente disponibili rende le immagini di questa mostra confrontabili con quelle che chiunque è tecnicamente in grado di fare. In questo modo spero d'aver reso più semplice ed accessibile la riflessione sul vero contenuto iconografico delle immagini presentate.
Sergio Camiz
Sergio Camiz – Profilo biografico
«Come fotografo ha cominciato giovanissimo un’attività che si è mantenuta costante nel tempo». Nato a Roma nel 1946, è professore di Matematica dal 1975 e di Statistica dal 1992, lavora dal 1978 nella Facoltà d'Architettura de La Sapienza. Dal 2002 è dottore di ricerca in analisi dei dati. Come tale ha pubblicato più di 100 fra articoli scientifici e comunicazioni a congressi internazionali e mantiene intense cooperazioni internazionali, soprattutto con la Francia e l'America Latina. Ha seguito la scuola di tecnica fotografica di Claudio Colagrande a Roma ed ha ottenuto il Diploma di fotografo professionista nel 1971. Ha cominciato a lavorare partecipando alla realizzazione del volume "Mezzogiorno '70" realizzato dalla Cassa per il Mezzogiorno. Dal 1972 al 1974 ha curato le copertine delle riviste Suono Stereo HiFi e Stereoplay e la realizzazione delle foto editoriali. Nel 1974 ha curato le fotografie di personaggi celebri intenti ai loro hobby per la rubrica “Fanno da Soli” del mensile Brava. Dal 1974 al 1976 ha partecipato alla realizzazione del Catalogo dei Beni Culturali. Sue fotografie sono state pubblicate su Le Vie d'Italia del 1962, su Il Messaggero nel 1971, sul Catalogo Bolaffi della Fotografia Italiana del 1976. Negli anni '70 ed '80 ha insegnato tecnica fotografica e laboratorio sia alla Forum School che all'Istituto Europeo di Design. In seguito, impegnato nel lavoro didattico e di ricerca, ha tuttavia continuato la sua attività fotografica nell’ombra, riflettendo sulla tecnica di ripresa, sulla struttura delle immagini, ma soprattutto sui temi delle sue fotografie. Recentemente è passato al digitale. Dal 2010 è membro del Senato Accademico dell’A.I.A.M. – Accademia Internazionale d’Arte Moderna, Roma. Alcune serie di fotografie si trovano suo sito Internet www.camiz.com.
Esposizioni: 1) Quattro Camiz Fotografi Collettiva. Roma, Galleria Cassiopea - giugno 2008 2) Quattro Camiz in Chianti Collettiva. Radda in Chianti, Palazzo del Podestà - ottobre 2008 3) Machu Picchu - Il sito archeologico e le immagini integrate Illustrazioni alla conferenza di Pietropaolo Cannistraci. Roma, Istituto Italo Latino-Americano, marzo 2009. 4) Vite Metropolitane Roma, Facoltà d’Architettura "Valle Giulia", Sapienza Università di Roma, gennaio 2010. 5) Homenaje al Perú Lima, Istituto Italiano di Cultura, aprile 2010. |
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