Municipio di San Prisco
Davide Vargas
Dall’ultimo piano del Nuovo Municipio (secondo stralcio, 2002-2009) si riconosce oltre le linea dell’edificio la cima dell’abete piantato davanti all’aula consiliare (primo stralcio, 1997-2001). Si riconosce sullo sfondo dei monti Tifata e dell’orlo superiore della cava dove Toni Servillo affronta indifferente la liberazione della morte nelle ultime scene delle Conseguenze dell’amore. Si rintraccia nel vecchio centro di San Prisco, cittadina autonoma e ambigua propaggine di Caserta. Tra i tetti di vecchie tegole rappezzati con la lamiera. Tra i parapetti dei terrazzi divorati dall’umidità e ingombri di antenne e parabole. Tra le pretese di lusso e l’incertezza del linguaggio. Allora il tempo si ricongiunge e diventa storia. Ogni storia si svolge per paragrafi, capitoli, parti, come in un romanzo. E come in un romanzo c’è un punto, un’accensione, un accento, uno scarto che ne rende il percorso unico e riconoscibile. Nel 1999, due anni dopo l’incipit, gli amministratori chiedevano l’abbattimento dell’albero; invece ci siamo battuti per la sua “cura” e l’albero davanti all’aula è diventato un “segno” del progetto. Con il primo stralcio sono stati realizzati l’aula consiliare, il parcheggio e la strada di collegamento tra le due dorsali della città (Fig. 1). Con il secondo stralcio è stato ampliato e modificato l’edificio preesistente su via Monaco. Si è ridisegnato il suo interno, un cortile che può essere “piazza” (Fig. 2). L’uso di materiali “duri”, l’articolazione degli innesti del nuovo sul preesistente, una certa “solidità” dell’immagine, la ricerca di una qualità formale nell’essenzialità e nel “basso costo”, un’indifferenza alla “gradevolezza” sono i vocaboli del progetto (Figg. 3-5). In dodici anni di lavoro si sono succedute diverse committenze portatrici di scenari urbani diversi, con una molteplicità di scelte e ripensamenti divenute una fila di cause ed effetti che hanno orientato direzioni e meta del percorso. Ci sono nel racconto i vuoti delle cose non fatte o sottratte al progetto unitario. La piazza davanti all’aula consiliare realizzata al di fuori del coordinamento del presente progetto mostra segni di nostalgie di un passato che nell’immaginario si identifica con la qualità e nel concreto scade nel cattivo gusto. Tuttavia in questi anni il progetto ha lottato per difendere la propria qualità e perseguire l’intento della “cura” delle fratture della città degli edifici e della natura. Una sorta di “seme” nel reale con la speranza (illusione) di trasformare l’anomia di un contesto in patrimonio. Resta l’impronta di un pezzo di città che l’intervento ha modificato.
Davide Vargas
Elvira Reggiani
«Niente è perduto solo per chi sa fino alle ultime fibre di se stesso che tutto è perduto». Giuseppe Montesano, 2009 (1)
L’architetto e scrittore Davide Vargas (Fig. 6) vive e lavora ad Aversa, centro storico normanno, radiocentrico e introverso di assoluta qualità, aggredito sempre più da vicino da una città senza regole, «dove la qualità è confinata in nicchie nascoste, così come la bellezza sommersa da onde aggressive» (2). Si è laureato alla Facoltà di Architettura di Napoli Federico II con Riccardo Dalisi, con il quale ha condiviso studi e progetti. Appassionato di letteratura e di poesia, scrive racconti pubblicati su Nazione Indiana, Sud, Abitare la Terra, che descrivono i luoghi dove vive e non solo, attraverso lo sguardo che percepisce e fa percepire i sussulti e il sentimento della realtà. Considera questi racconti come un linguaggio all’unisono con l’architettura cui si legano nella condivisione della stessa tensione: dare un senso ai luoghi. Dal 2005 è redattore di d’Architettura. Con questa rivista ha intervistato architetti, scrittori e poeti. Ha pubblicato una raccolta di interviste (a Giancarlo De Carlo, Tony Fretton, Umberto Riva ed Ettore Sottsass) dal titolo Conversazioni sotto una tettoia. Scrive per Domus da quando Alessandro Mendini ha segnalato Racconti di qui, nell’editoriale di maggio 2010. In questo libro non denuncia e non cerca possibili spiegazioni allo sfacelo della sua terra. Esercita solo il “diritto allo sguardo”, il diritto a guardare e ad osservare questi luoghi sconvolti, ricomponendone un possibile senso nella scrittura e cercandovi addirittura la bellezza. La bellezza nel cemento, nei cavalcavia delle superstrade, nei copertoni abbandonati, sulle spiagge sporche, «tra i residui di rifiuti abbandonati da anni fino a diventare radici ineliminabili» (3). I Racconti di qui hanno quindi un legame essenziale con il territorio fisico e umano da cui sono nati, ma sono anche racconti senza luogo, portatori di un messaggio più ampio. Nella sua ultima raccolta, un taccuino di viaggio dal titolo Racconti di architettura ritorna a dipingere con le parole lo spazio urbano attraverso sedici opere di architettura care all’autore per formazione disciplinare e/o sentimentale (Fig. 7). Questi luoghi, citandone solo alcuni, da Maison La Roche a casa Rustici fino alla sala della Scherma di Moretti, rappresentano il punto di partenza per una ricerca del segno smarrito che sembra richiedere disperatamente di essere ritrovato. Anche quest’opera come la prima ha una forma ibrida di narrazione in cui l’architettura serve da detonatore, mettendo in moto memorie, emozioni e sensazioni nel tentativo di definire il mutamento fisico e antropologico avvenuto nel nostro paese. La scrittura è dunque per Vargas un linguaggio parallelo, scrittura e architettura si integrano a vicenda. «Dice uno scrittore che lui non inventa storie perché sono depositate in qualche zona di se. Lui segue paziente le orme che affiorano, come tracce, le distingue, le decifra, le collega, le segue fino a disvelare una trama» (4). Lo stesso vale per il nostro architetto ed è estremamente evidente nei suoi progetti e nelle sue realizzazioni. Egli, infatti, considera il progetto come l’occasione per una continua modificazione e dunque continua invenzione, perché è interessato al processo più che al risultato (Fig. 8). La fatica del progetto, la tenacia nel superare gli ostacoli del suo territorio, sono la componente vivificante e la vera dimensione etica del suo lavoro. Di più, gli ostacoli non sono ostacoli, ma occasioni, ogni difficoltà posta dal committente, dall'amministratore o dall'ambiente è motivo di miglioramento del progetto (Fig. 9).
Nella sua scrittura dell’architettura, che è del tutto contemporanea, s’intravede un dialogo a distanza con le case rurali campane e con i rapporti che queste instaurano con il paesaggio. I volumi netti, la fluidità delle linee, le superfici bianche delle architetture di Davide Vargas rappresentano l’orma di questo lascito, oltre ad essere una rivisitazione riattualizzata di alcuni canoni del Moderno.
Un altro aspetto fondamentale è costituito dai rapporti che Davide Vargas instaura tra luogo e progetto. Il suo linguaggio è rispettoso delle preesistenze, perché sommesso, ma deciso ed originale. Le sue architetture, infatti, stabiliscono sempre un confronto serrato con il contesto: il progetto è inteso come azione di trasformazione critica di un luogo, quindi non nega la storia ma la tiene in considerazione per arrivare a nuove soluzioni. Egli opera ora per differenza ora per empatia, a seconda delle circostanze, ma crea sempre una forte tensione tra le ragioni dell’esistente e le necessità del nuovo. All’ascolto del paesaggio accompagna l’invenzione e la costruzione di paesaggio in un continuo divenire. Dove nuovo ed esistente si esaltano a vicenda, manifestando un rapporto reciproco (Fig. 10). Ciò è evidente, in modo particolare, nel progetto per il Municipio di San Prisco, oggetto della nostra conferenza e selezionato per il Padiglione Italia della Biennale di Architettura di Venezia del 2010, che è appunto un innesto nella città e non solo nell’architettura preesistente.
Note (1) MONTESANO G., prefazione in Racconti di qui, Caserta, Tullio Pironti, 2009. (2) VARGAS D., Casa per studenti ad Aversa, Europaconcorsi, 2007. http://europaconcorsi.com/projects/15780 (3) VARGAS D., Racconti di qui, Caserta, Tullio Pironti, 2009. (4) VARGAS D., Annali dell’architettura e delle città 2007, Europaconcorsi, 2008. http://europaconcorsi.com/projects/64713-Annali-dell-architettura-e-delle-citt-2007
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