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I nuovi paesaggi metropolitani e il ridisegno degli spazi aperti
Diana Di Palma
Il ciclo di incontri organizzati a Roma, a cura di Claudia Mattogno, affronta il tema dei “Paesaggi urbani della contemporaneità”. Un confronto tra l’esperienza francese e quella italiana troppo importante per essere stata divulgata così poco. Le tematiche urbane affrontate rappresentano argomenti di grande significato ed attualità ed è per questo motivo che questo ciclo di incontri meritava di essere più ambizioso nel suo intento, cioè quello di far risuonare la sua eco ad un pubblico molto più vasto di quello che invece vi ha partecipato. L’obiettivo di questo articolo vuole essere dunque di raggiungere tutte le persone che a causa della scarsa informazione non sono state coinvolte da queste cinque giornate che meritavano un’attenzione particolare riguardo le questioni urbane francesi ed italiane, in modo da divulgare i nuovi progetti per le città, ma soprattutto per capire, come scrive Florence Ferran, “quale sviluppo augurare alle città in continua espansione”. Il grande dibattito sulla città lanciato dall’Ambasciata di Francia in Italia vuole mettere in luce tutti quei progetti locali che nelle città hanno portato ad una riqualificazione di aree, ricreando nuovi luoghi d’incontro e quindi dando nuove risposte sociali alla gente del posto. L’Ufficio culturale dell’Ambasciata di Francia in Italia ha invitato le università italiane ad un grande dibattito sul tema delle città. La manifestazione, soprannominata Uni(di)versitè, nasce nel 2001 per promuovere la cooperazione universitaria franco-italiana, che oggi arriva alla sua IV edizione. La cosa certa è che il dibattito si è svolto con la collaborazione di esperti, operatori, amministratori francesi ed italiani della città affinché potesse essere fatta un’ampia riflessione sul fenomeno urbano che si sta trasformando toccando le diverse realtà europee e non solo. Bruno Aubert afferma che tale manifestazione, aperta al futuro, si dedica alla divulgazione dei nuovi progetti di società per la Francia e l’Italia a tutti quelli che vogliono sapere quali competenze verranno messe a disposizione delle città di oggi e quali politiche adoperare per le città di domani. In questa sede viene ribadito come il compito degli architetti, ingegneri, costruttori e sociologi è quello di accompagnare e seguire le evoluzioni dei modi di vivere in città senza dimenticare l’importante ruolo che hanno coloro che si occupano di governare la città. Per questo oggi, come afferma Francoise Choay , “è diventato urgente interrogare l’evoluzione del nostro ambiente costruito e le conseguenze della sua normalizzazione planetaria sul futuro della nostra specie. Ma un simile interrogativo esige da una parte la mediazione dell’antropologia e della storia, dall’altra il confronto di esperienze e di analisi concrete svolte da progettisti dello spazio fisico. A questo riguardo, l’Europa costituisce un terreno privilegiato, nella misura in cui sin dal Medioevo, la sua identità culturale è stata simultaneamente affermata dall’ insieme delle sue creazioni spaziali e dal concerto delle loro differenze, dovute non solo alle differenze geoclimatiche dei contesti di appartenenza ma anche alle specificità istituzionali, a cominciare da quelle rappresentate dalle varie lingue”. Ancora più interessante è stato il tema riguardante i paesaggi nella metropoli e il ridisegno degli spazi aperti. In questa giornata sono state messe a confronto diverse generazioni di paesaggisti in modo da desumere delle riflessioni sui diversi paesaggi metropolitani contemporanei. Il tema che viene messo a fuoco è quello che riguarda la progettazione degli spazi aperti, ponendo un particolare accento su tutte quelle aree di margine che non possono definirsi luoghi di campagna ma che non sono neanche parti di città. Le nuove configurazioni urbane richiedono un’attenzione specifica che riguarda le trasformazioni oggi in atto nella città. Agli occhi dei passanti si presentano in città nuove figure spaziali che hanno una sempre meno chiara e definita decifrabilità. Tali figure sono diverse da quelle tradizionali del passato e rispecchiano sempre più la nuova domanda sociale della popolazione urbana. A determinare delle vere e proprie rotture spaziali sono i passaggi da un periodo all’altro, come dice Claudia Mattogno, come quelli avvenuti dalla città medievale a quella rinascimentale, dalla città barocca a quella industriale, fino ad arrivare a quella contemporanea. Nel suo testo “Idee di spazio, lo spazio nelle idee”, la Mattogno continua affermando che “non tutti i nuovi spazi sono facilmente identificabili e molti di essi, sebbene già davanti ai nostri occhi, risultano ancora invisibili perché i riferimenti che adottiamo continuano ad attingere, per abitudine, per pigrizia, per nostalgia, a forme e immagini consuete, sedimentate dal tempo e dalla tradizione.” Il saggio di Richard Bender invita a contrastare questa tanto inerte quanto diffusa disposizione e sollecita ad interpretare il cambiamento attraverso l’energia che sprigionano le evoluzioni in atto, a partire da quelle che investono le modificazioni d’uso. Spazi privati che funzionano come spazi pubblici, parchi tematici, musei, campus universitari, ecc. sono diventati delle vere e proprie piazze, così come erano intese nella città storica. Sempre nello stesso testo, si parla di Patriza Gabellini che pone invece l’accento sull’emergere del nuovo, riconducendolo però ad una condizione ricorrente nella storia della città anche se non esente, soprattutto oggi, da esiti incerti, la cui comprensione non può essere ricondotta ad un approccio meramente classificatorio. Si tratterebbe, infatti, ”di una tipica questione temporale applicabile di volta in volta a spazi-tema che non erano mai esistiti o che si affermano come dominanti, diventati o canditati a diventare luoghi collettivi, spazi che per le loro caratteristiche pongono problemi di definizione: pubblici, quasi-pubblici, quasi spazi”. Si tratta di spazi mutanti, le cui caratterizzazioni tipologiche si integrano, si sovrappongono, si accumulano, rompono stantii ordini gerarchici, generano appartenenze indefinite fino a trasformarsi in “mostri tipologici”. Francoise Choay, nel testo “Espacements. Figure spaziali nel tempo”, parla di questi nuovi fenomeni che sono celati dietro a delle parole che non riescono a dare una definizione del processo in atto. Nuove forme urbane che non sono più città ma spazi periurbani con una struttura labile e incerta. Quello che si potrebbe tentare di fare in un’azione di ricerca, sarebbe di provare a darne una definizione che imprima la forma e il significato di questi nuovi luoghi che sono a cavallo tra la città e la campagna. L’iniziativa dell’Ambasciata di Francia risulta inoltre molto interessante in quanto capace di mobilitare diversi attori della scena territoriale urbana. Tra questi è necessario segnalare la presenza di Michel Corajoud, paesaggista–urbanista, Gran Prix de l’Urbanisme per il 2003. La sua presenza e il suo intervento sono importanti nel tentativo di definizione di questi nuovi spazi: lui li progetta quando realizza il parco di Sausset a Villepinte, un luogo che apre nuovi scenari nell’ambito della progettazione del paesaggio, dando un nuovo ruolo al parco urbano, un’urbanità diversa da quella che è a diretto contatto con la città, che definisce funzioni diverse per rispondere alle varie aspettative di un contesto periurbano come quello di Villepinte. La committenza gli aveva chiesto di progettare una foresta che non richiedesse manutenzione: lui la realizza provvedendo all’introduzione di specie arboree e vegetali che rispondessero alla richiesta, senza però tralasciare la progettazione di uno spazio, quello del parco urbano, luogo più vicino alla concezione del parco in città. Al suo interno si ritrovano dunque vari scenari paesaggistici: bosco, parco urbano, boschetti, senza destinazione predefinita. Il concorso, svoltosi nel 1992, riguardava la sistemazione di 200 ettari di terreno agricolo che, insieme con il parco de La Courneve, è la principale area verde creata nell’Ile de France, dopo il Bois de Boulogne e quello di Vincennes. Il tema proposto era quello di un parco boschivo e il programma precisava che non doveva richiedere manutenzione, che non erano consentiti scarti nella gestione delle attrezzature e che si doveva sfruttare al massimo la ricchezza del terreno dell’antica pianura granifera. Il parco di Sausset rappresenta una zona umida di impianto artificiale e, con i suoi duecento ettari, rappresenta già una misura rilevante per un parco, ma non ancora la scala adatta ad un bosco. Non disponendo dello spazio necessario per ricostruirlo, si è dovuto utilizzare un linguaggio di progettazione atto a darne almeno la sensazione. Vi troviamo quindi radure, prati, boschetti e macchie boscose che richiamano le tenute di caccia di Luigi XIV. Il progetto del parco si struttura sui vuoti delle bordure e delle radure; in questi vuoti su scala diversa s’inserisce la trama di riempimento delle varie attività: giochi, animazione, attrezzature. Se nell’ambiente naturale è l’interruzione del bosco a formare la bordura, qui è con la costruzione della bordura, che si dà un’immagine ingannevole della volumetria globale, producendo quindi l’idea del bosco: la bordura consentirà alle querce e ai faggi di crescere lentamente. Un particolare lavoro sui concetti di superficie e di profondità ha privilegiato la crescita della vegetazione di bordura. Andre Le Notre utilizzava questa tecnica per consentire una previsione sull’effetto delle masse boscose: si abbattevano le grandi siepi non appena le specie a crescita più lenta in secondo piano avevano preso il sopravvento sulle prime. La scelta delle piante di bordura avviene con l’ausilio di una griglia di selezione che fa riferimento a criteri di dimensione, di velocità di crescita, di suolo e anche di natura del fogliame (colore, misura, periodicità). Per l’interno delle macchie boscose si sono scelte specie rappresentative delle quattro presenze principali dei boschi francesi: faggi, querce, frassini e pini. Il parco di Sausset ha già compiuto dieci anni e la settima sezione è in corso di realizzazione. Le tecniche di costruzione del paesaggio (irrigazione, piantagione, terrazzamento), vera ossatura di questo parco, costituiscono oggi un vero e proprio punto di riferimento.
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Michel Courajod. Il Parco di Sausset |
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