Manfredi Nicoletti. Nuovo Palazzo di Giustizia ad Arezzo
Cristiano Tavani
La nuova Ala del Palazzo di Giustizia di Arezzo, realizzata da Manfredi Nicoletti, ospita le principali Aule d’udienza e gli Uffici della Presidenza del Tribunale. Una passerella aerea e trasparente la collega funzionalmente ad un edificio preesistente. Quest’ultimo, architettura neoclassica, tradizionale esempio del tipo ospedaliero dalla caratteristica forma a padiglione, immerso in un parco con essenze rare, riadattato successivamente a Tribunale, ospita oggi gli uffici e gli archivi.
In questo contesto Nicoletti mette in atto la filosofia dell’intreccio tra minerale e artificiale, tra tessuto e nervatura, tra pelle e struttura, tra memoria e invenzione. Mediante un contestualismo aggressivo, negando qualunque mimetismo o sparizione, la nuova architettura realizza un nuovo paesaggio, altrimenti un po’ statico, simmetrico e monotono. Essa si incunea, si piega, si curva e si modella, in uno spazio laterale quasi di risulta, in una danza attorno al vecchio edificio gridando la sua essenza di oggetto dinamico definito contro uno sfondo statico. L’edificio nasce da un processo di adattamento alla geografia del sito: due sono le geometrie che danno vita all’originale volumetria del complesso. Da un lato, la forma conoide del nuovo ampliamento si solleva come spinta fuori dal terreno riecheggiando il bastione difensivo delle Mura concave della città medioevale a sottolineare il proprio carattere di separatezza e salvaguardia e, dall’altro lato, attraverso una metafora organica che riprende le nervature delle foglie del parco, si manifesta come architettura rigata, un guscio esterno permeabile, una geometria svergolata, forma tipica degli organismi viventi, che racchiude l’Atrio e le due Grandi Aule. L’incompatibilità tra organismo e artificio è sconfitta, e, come già sperimentato da Nicoletti in altre architetture, la straordinaria bellezza delle forme desunte dalla natura viene intessuta con quelle perfette della macchina. Natura e artificio stabiliscono un sodalizio che li arricchisce entrambi: il materiale diventa forma attraverso la sua costruzione. Movimento e architettura si contaminano e si integrano proponendo un’opera insolita, trasgressiva ma non lacerante, disinibita e reattiva che, incuneandosi in uno spazio residuale, offre una nuova lettura del contesto.
La pelle esterna, il rivestimento, ha assunto oggi un’importanza tale da divenire un valore in sé, indipendentemente dalla forma e dalle qualità dello spazio architettonico cui appartiene. È questa la circostanza in cui l’architettura assume il solo carattere di veicolo comunicativo al pari di un qualsiasi altro medium, affidando solo al materiale la propria funzione rappresentativa e significativa. Il rigorismo epidermico, che caratterizza tanta architettura contemporanea, troppo spesso riduce quest’ultima a pura pelle sofisticata, serigrafata, crettata o marezzata dove tutto è rimandato alla superficie performante e seducente. Se da un lato le architetture minimali, magnificamente raccolte in involucri, celate sotto un’esigenza di purezza geometrica, nascondono volumi genericamente banali, inversamente, a volumetrie frammentarie o informi, rivestite da pelli levigate e lucenti, non corrisponde una spazialità interna altrettanto complessa.
La pelle esterna è qui ad Arezzo trattata come una membrana sensibile e mutevole in grado di risolvere i problemi legati alla luce e alle mutazioni climatiche: d’estate le lamelle di acciaio, opportunamente inclinate, impediscono ai raggi solari di entrare attraverso la vetrata scongiurando così l’effetto serra, mentre di inverno permettono una penetrazione limitata. Il meccanismo non è esibito, l’immagine è pulita senza esporre il dispositivo che l’ha portata in essere, i pilastri portanti in acciaio inox spazzolato costituiscono la struttura portante della facciata frangisole. Ma non è tutto: la pelle esterna, foglia d’argento bioclimatica, oltre a essere membrana intelligente, pelle sensibile e mutevole, genera il volume dell’edificio, diventando la protagonista della forma architettonica. La carica dirompente del progetto deve la sua forza al movimento congelato delle colonne d’acciaio che orientate con una diversa inclinazione, ma tutte giacenti in piani verticali paralleli tra loro spaziati di circa 2,40 m., divengono il supporto degli elementi brise-soleil in acciaio orizzontali ad “L” rovesciata di 150 x 150 mm che ricostruiscono la superficie svergolata. Le nervature delle foglie, la pelle degli animali, le spirali delle conchiglie, l’incessante mutare delle condizioni atmosferiche costituiscono il riferimento per quest'architettura. Il concetto di pelle viene fortemente legato alle idee di crescita, forma e mutazione che sono la chiave per comprendere questo atteggiamento, positivo verso la tecnica ma anche fondato sulla ricerca espressionista di forme inedite per l’architettura, che traggono l’idea a forza di non appartenere all’architettura stessa. L’architettura, sintesi di tecnica e natura, diventa metafora di una foresta incantata, un organismo vivente in cui di giorno la pelle in acciaio, filtra la luce naturale e riflette la sagoma dell’edificio esistente e del parco che li circonda, di notte si trasforma in una lampada serigrafata che illumina l’intero contesto.
L’involucro anche all’interno genera uno spazio concavo-convesso continuo attorno al perimetro del nucleo funzionale connettivo, l’Atrio, uno spazio fluido, una “stanza del sole”, che nei giorni freddi ripara dalla pioggia mentre in estate contribuisce a schermare la parete dall’irraggiamento solare diretto, insieme alle aperture della sommità della hall che funge da motore di raffrescamento naturale dell’edificio. I materiali utilizzati all'interno, granito nero Shanxi Black per la pavimentazione e alluminio microforato trattato con elettroverniciatura argentea intercalato da sottili ricorsi orizzontali di legno naturale di acero per le pareti, concorrono a produrre quest'aspetto volubile del manufatto che fa sì che la fluidità spaziale dell’Atrio possa traslare attraverso il fronte e trasformare quest’ultimo in una rappresentazione dinamica della pianta dell’edificio. La piegatura della parete svergolata offusca la relazione dialettica tra interno ed esterno: essa si divide in due nel punto di accesso all’edificio, l'interno si proietta verso l'esterno e l'esterno si rilegge dentro, il tutto amplificato e raddoppiato da uno specchio d’acqua. Lo spazio così ottenuto non è misurabile, architettura e topologia non sono strategie meditate a priori, imposte da una teoria concettuale, ma più semplicemente scaturiscono da una necessità di congelare un movimento, catturare il dinamismo futurista delle Rondini e le vibrazioni del Cane a guinzaglio di Balla, maestro di cui Nicoletti è stato allievo.
Il lato nord dell’edificio, che si rivolge verso la città, a memoria delle mura medioevali, è invece una superficie conoide in calcestruzzo armato, rivestito di lastre di granito nero fiammato Shanxi Black di formato 90x65x3 cm disposte lungo la generatrice del cono, con scarti regolari tra lastra e lastra, secondo una superficie organica a scaglie ad “effetto armadillo”. Anche qui il suggerimento viene dalla natura: la carica fortemente plastica della parete è accentuata dalla pelle, così come avviene negli organismi viventi, dove le linee di forza si distribuiscono raggiungendo uno stato di equilibrio. I materiali sono scelti per rispondere al meglio alle prestazioni richieste impiegando il minimo delle risorse, raggiungendo una sintesi tra poetica della morfologia, della mutazione e dell’ibrido che, intesi come valori, ancora ci emozionano.
Dati progetto |
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Nome
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Ampliamento del Palazzo di Giustizia di Arezzo |
Destinazione d'uso
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Uffici
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Committente |
Comune di Arezzo
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Localizzazione
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Arezzo |
Progettista
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Manfredi Nicoletti con Fabrizio Pagliano Tajani
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Distribuzione funzionale |
Michele Valentini
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Strutture |
Michele Mele
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Antincendo |
Studio Sorrento
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Impianti |
Enetec, Ing. Renato Tito, Arch. Giorgio Landolfi
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Calcoli economici |
Roberto Postorino
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Collaboratori |
Luisa Campagna, Daniela De Santis, Pasquale Leone, Anna Senesi
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Direzione lavori |
Coordinatore: Antonio Sorrento; Direttori tecnici di cantiere: Piero Bracciali, Francesco Misuri
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Costruzione
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Edile: Nembo srl; Impianti: Ve.ric.o srl |
Fornitori
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Acciaio: Eclano Lamiere; Marmi: Mariotti Carlo & Figli
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Autore |
Data pubblicazione |
Volume pubblicazione |
TAVANI Cristiano |
2008-02-29 |
n. 5 Febbraio 2008 |
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