Urbanistica minimalista
Progetto di flânerie nel piano di riqualificazione del Quartiere Appio-Latino di Roma
Tesi di laurea di Martina Corona e Neshat Hedayati Relatore Paolo De Pascali Tutor Daniela De Ioris, Michele Reginaldi, Valentina Alberti
Nella sua ultima opera rimasta incompiuta Walter Benjamin dedica un intero capitolo al tema della flânerie. La traduzione italiana di tale termine con “passeggiata” riportata nei dizionari appare imprecisa e risulta comunque difficile trovare un termine in italiano che ne restituisca il significato pieno. Lo stesso Benjamin afferma essere un termine coniato proprio per Parigi e adatto specificamente a raffigurare situazioni riscontrabili in quella città.
Ma non applicabile alla città di Roma: «Parigi ha creato il tipo del flâneur. É strano che non sia stata Roma. Qual è la ragione? A Roma le strade percorribili non sono tracciate anche dal sogno? E la città non è, forse, troppo piena di templi, piazze recintate e santuari nazionali, per poter entrare tutta con i suoi selciati, le insegne, gli scalini e le porte nel sogno dei passanti? É possibile che molto dipenda dal carattere nazionale degli italiani. Non gli stranieri, infatti, ma i parigini stessi hanno fatto di Parigi la terra promessa dei flâneurs, "paesaggio fatto di pura vita", come disse una volta Hofmannsthal. Paesaggio, ecco cosa diventa la città per il flâneur. O più esattamente: la città per lui si scinde nei suoi poli dialettici. Gli si apre come paesaggio e lo racchiude come stanza.» (Walter Benjamin, I “passages” di Parigi, Einaudi 2000). Con una lunga perifrasi ridondante e comunque ancora non completamente aderente al termine originario si potrebbe tradurre come sorta di vagabondaggio a piedi senza meta precisa e strette limitazioni temporali, teso a cogliere gli elementi di una attiva scena urbana per stimolare un viaggio interiore di sensazioni, immaginazioni e ricordi. Una forma di intenso contatto con lo spazio urbano, con le persone e le attività che lo animano, il tutto come insieme produttore di sollecitazioni emotive. La città risulta in pari tempi sia come ambito confinato di riflessione (stanza), che come paesaggio attivo percepito, frutto della vitalità urbana, motore di riferimenti e suggestioni. Una concezione di paesaggio urbano vicina ai canoni attuali come rappresentazione percepita della città fisica nel suo background di vita urbana socialmente e storicamente determinata. In realtà l’attenzione di Benjamin non risulta dirigersi tanto sull’oggetto (la scena urbana che configura la flânerie) quanto sul soggetto, il flâneur, l’utente – interprete della scena, che dà il titolo al capitolo. Personaggio letterario di intellettuale bighellone un po’ snob (di genere maschile) che filtra con lente critica e anche antagonista l’attivismo e gli spazi della città borghese e ne ricava suggestioni per il suo viaggio interiore di differenziazione o di assimilazione di questa. La scena urbana che produce la flânerie risulta essere un dato di fatto, un ambito stabilmente determinato a priori, un fenomeno di input che si realizza quasi macchinalmente in determinate condizioni urbane consolidate (a Parigi ma non a Roma storica perché troppo carica di messaggi, secondo W.B.). Numerosi scrittori si sono impegnati nella trattazione del tema, prima e dopo Benjamin, superando anche la dimensione centrata sulla figura di dandy decadente che ne caratterizza l’esordio in letteratura, e producendo rivisitazioni inserite nella contemporaneità anche fin troppo azzardate nell’analogia, quale il Photoflâneur (fotografo vagante) o addirittura il Cyberflâneur (internauta alla deriva nel web). L’interesse in genere rimane comunque per l’attore e per l’azione che questo compie. Se spostiamo l’attenzione dello studio dal soggetto all’oggetto (dal fruitore al contesto) possiamo assumere nei confronti di quest’ultimo un approccio proattivo o non completamente adattativo, possiamo prendere in considerazione una posizione progettuale. Si può cioè pensare di costruire, o meglio di ricostruire, rigenerare, valorizzare, un percorso urbano con i vari eventi e luoghi connessi, per sollecitare una dimensione emozionale evocativa, o anche più in generale il coinvolgimento culturale degli utenti. Progettare la flânerie significa operare per valorizzare i luoghi urbani della memoria comune ma anche, sulla base di questi, cercare di costruire un immaginario collettivo che tenga conto dell’evoluzione della città fisica, delle attività, dei bisogni, dei modi di vita dei cittadini, che mutano anche velocemente nel tempo. In tal senso un significativo cambiamento evolutivo da considerare nel contesto di riferimento riguarda la scomparsa del fascino originario per la frenesia della città borghese e il subentro della valenza ecologico-ambientale che oramai prevale nella domanda sociale diffusa. Il target quindi si amplia e si articola rispetto a quello iniziale dell’intellettuale snob. Si allarga il campo di riferimento e le condizioni urbane di applicabilità: il progetto di flânerie si decontestualizza e si astrae da Parigi, perfino Roma, in tale contesto, può diventare campo applicativo progettuale (almeno nelle parti vissute ed abitate). Diventano in sostanza gli abitanti i principali destinatari, in pari tempo costruttori e utenti, della flânerie basata sul binomio immaginario collettivo e condizioni di qualità ambientale. Le seconde consentono di apprezzare il primo. In fondo possiamo considerarci tutti dei flâneur, più o meno manifesti o anche latenti, per i nostri contesti di vita urbana. Lungo questa linea concettuale la flânerie progettata viene a indirizzarsi alla valorizzazione per gli abitanti dei fattori identitari dei luoghi, rispondendo in pari tempo alla richiesta di qualità ambientale e di comfort che risultano peraltro necessari anche per la fruizione di tali ambiti e quindi per la loro crescita di ruolo e di importanza nella cultura urbana. In tale quadro il progetto di flânerie evidenzia la presa in carico di parametri di tipo collettivo e condiviso, e apre nuove strade a processi di progettazione partecipata. Persegue la direttrice di un’urbanistica minimalista finalizzata alla messa a sistema di interventi, di limitata entità ma significativi per l’apprezzamento dei luoghi, di riqualificazione e valorizzazione dell’esistente; messa a sistema modulata in termini evolutivi secondo il contesto attuale e prospettico della domanda sociale. Lo studio ed il progetto di flânerie vengono a collocarsi metodologicamente in posizione preliminare rispetto alla formulazione del piano urbanistico complessivo e possono assumere ruoli più o meno importanti nella strutturazione del piano stesso. La tesi di Martina Corona e Neshat Hedayati affronta il tema del progetto di flânerie urbana secondo le considerazioni generali precedentemente esposte nel Quadrante Sud-Est di Roma, specificamente nell’area del quartiere Appio Latino che si estende intorno alla Via Latina nella prima periferia compatta tra l’Appia Antica e la via Casilina. In particolare il riferimento di interesse viene ad essere il margine occidentale dell’area densamente costruita che tocca la parte urbana del Parco dell’Appia Antica (Parco della Caffarella, Parco degli Acquedotti, ..), rilevando tale margine nei termini attuali di linea di netta separazione e barriera tra ambiente naturale urbano e città costruita. Input iniziale del progetto è quello di ammorbidire il passaggio tra naturalità e costruito estendendo parzialmente le funzioni del parco alla città limitrofa e aumentando la permeabilità dello stesso. Il progetto di flânerie si pone quindi in tale ambito di mediazione e graduale integrazione tra elementi naturalistico-ambientali, fattori storico-culturali e spazi della città costruita. Specifica attenzione viene posta all’analisi di tali condizioni nella situazione di partenza per ciò che riguarda i carichi e le dotazioni ambientali variamente specificati, nonché al censimento dettagliato dei luoghi, manufatti e insiemi di manufatti considerati culturalmente evocativi per il quartiere. La sintesi valutativa conduce al master plan di riqualificazione dell’area, di tipo comprensivo, al cui interno trovano ruolo e significatività i progetti di flânerie. Tali progetti assumono funzione generatrice del master plan non di tipo esclusivo e settoriale ma come occasione e motore per contribuire alla direttrice di riqualificazione dell’area stessa in termini complessivi e sistemici, anche in relazione all’integrazione con le parti limitrofe. I progetti di flânerie approfonditi nella tesi sono quindi parti del piano generale che comprende in forma interconnessa tutti gli interventi di riqualificazione dell’area. In tale ambito possono diventare caratterizzanti, ma non in forma esclusiva, del piano complessivo. Si tratta di una sperimentazione su tale materia che funge da apripista e linea di indirizzo per altre applicazioni e approfondimenti in corso.
Paolo De Pascali
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