Antonino Saggio
Architettura e modernità
Punti di vista a confronto
Maria Teresa Cutrì, Roberta Causarano, Alessia Vitali
Un esercizio di lettura critica, una recensione tripla del volume di Antonino Saggio, "Architettura e modernità: Dal Bauhaus alla rivoluzione informatica", Carocci 2010, di tre studenti del Dottorato in Architettura - Teorie e Progetto, Dipartimento Architettura e Progetto, Sapienza Università di Roma. Tre differenti punti di vista su un'opera che indicano, come in un rashomon, l'intreccio di ricche interpretazioni occasionate dall'attenta lettura di un saggio scientifico complesso.
“… La parola decisiva è però Vita …. Senza dimenticare il dato più difficile e più importante. L’arte. Che della Vita è la forma più alta e la sola unicamente umana …” (A. Saggio, 1996) Una moderna, elegante, signora (magari amica di Eileen Gray) sta per risalire (o è appena scesa?) nella macchina in primo piano; guarda avanti a se,”occhi che vedono”. In secondo piano, in prospettiva, la macchina da abitare. Un volume puro scavato ma ancora posato a terra. La casa Manifesto. La casa “doppia” che nel momento della sua realizzazione (1927) quello sguardo ci dice essere già superata. Avanti c’è villa Savoye, sospesa tra cielo e vassoio verde (1928). Quello scatto è una sintesi assoluta della bellezza. E quello sguardo ci dice che quella modernità è già superata. In “sole” 427 pagine quella signora, da “Spazio Tempo e Architettura”, abbandonati guanti e tailleur forse per un abito a sensori “fluttuerà” nello “Spazio Tempo e Informazione”, tra le alghe della mediateca di Sendai. Pronta a “Re-iniziare”. Con uno sguardo ancora davanti a se. Come Mockbee. Uno sguardo, che è tensione al cambiamento. Uno sguardo che presuppone un salto cioè una “rottura” verso un’altra-nuova Modernità da intendersi come condizione di tutti i tempi e tempo di scelte, necessità di trasformazione per una nuova creazione. É un attraversare lo specchio. 1996, Architetture di domani. Scenari. 2000, Coffee Break. Le parole chiave nell’uno e la pausa nell’altro, come momento privilegiato della possibilità di intrecciare possibili narrazioni dell’architettura. Sovrapponendo, procedendo attraverso un tempo che è quello della pausa ma è anche “il nostro tempo”(1) che avanza attraverso un modo di conoscere e fare che non segue un percorso lineare ma procede attraverso la figura del salto (2). 2010, Architettura e Modernità. “E” congiunzione. É un riandare (?) alla/alle sostanze-speranze di Edoardo Persico, di cui Saggio riscopre e ne ri-scrive in anni non recenti per indagare e comprendere a fondo quell’“… apertura problematica … per cercare nuove strade …” propria della “crisi come valore” di Bruno Zevi, e G. Carlo Argan, tale da suscitare un’estetica di rottura (A. Saggio, 1996). 2011, Quella “e” trova quell’apertura, un nuovo inizio, in questa fase, con la ampersand di Architettura & information tecnology. Intreccio e sovrapposizione (architettura e informatica) sono avvenuti. Architettura e Modernità. Si apre e chiude (ma non è esattamente così) con queste due fotografie (Stoccarda e Senday). 74 anni passano tra le due. 74 anni che trasformano-rivoluzionano prepotentemente i valori dell’architettura e dell’arte, dell’estetica. Un libro complesso nella narrazione (scritto molto tra le righe). Riferimenti, rimandi, immagini, suggestioni, storia. Suggestioni in forma di immagini fotografiche aprono ogni volta le sezioni del libro che intreccia e sovrappone storie, fatti, architetture. Formato come un’architettura contemporanea da spazi connessi. É immaginazione. Quelle fotografie, che possiamo per gioco anche provare a cambiare, permettono di ricordare, leggere una cosa attraverso un’altra. E formare nuove immagini. Ma tra Stoccarda e Senday è un’altra l’immagine chiave del libro. E’ quella del “Salto nel vuoto” (1960). A metà strada tra il volo di un angelo chagalliano e il salto in un territorio che non conosciamo ancora. Si può leggere seguendo la sequenza lineare di una cronologia (il tempo in questo contesto è un’altra storia), oppure seguendo un percorso circolare, dai “Re-Inizi” di Mockbee alle trasparenze gropiusiane o, appunto, attraverso salti. Come la storia, le domande sul presente e rivolte al futuro non possono escludere, o peggio dimenticare, il passato. Poichè se come scrive R. Angelini “… più siamo acculturati più ci troviamo impregnati delle sensibilità ereditate dalle culture precedenti …” (R. Angelini, 2011) d’altra parte la storia è la conseguenza, “inesorabile come l’architettura” (M. Piacentini, 1929), della trasformazione dei valori e delle risorse. Costruita da storie piccole lineari e grandi eventi-scavalcamenti. Sintesi di una ricerca e di un modo di fare critica, per parole chiave. Le chiavi aprono serrature ci portano dentro. Dentro le possibili declinazioni – trasformazioni dello Spazio: Sonoro, Curvo, Totale, Etico, Organo o Sistema. O dentro le Tessiture di Paesaggi-Palinsesti, Paesaggi Residuali, attraverso Scavi, Sterri, Tracciati, Affioramenti. Dentro è possibile ascoltare la narrazione: di Trasparenza ed etica; si impongono Ripensamenti dopo le devastazioni delle guerre; esplodono Big Bang; si costruiscono coreografie per danze e traiettorie. E si può Re-iniziare. La Nuova Oggettività, approda al maximum di una nuova, ora, “soggettività dei desideri” resa possibile dalla chiave Interattività. “Cosa accade se”?(3) Questa domanda cambia completamente il concetto di spazio dell’architettura nel momento in cui attraverso l’elettronica, l’interattività diventa il nuovo fattore di costruzione dello spazio e poiché gioca con il tempo “indica un’idea di continua riconfigurazione spaziale” che modifica le idee di spazio e tempo consolidate. L’architettura può reagire, stabilire delle relazioni con gli utenti, con l’ambiente, e d’altra parte le sue parti si sganciano da un sistema gerarchizzato proprio dello “spazio organo” formato rispetto alla funzione per passare allo “spazio sistema” connesso al modello informatico dove la differenza sta nell’intreccio, nella sovrapposizione di scelte “indipendenti” spazialità, costruzione, espressività, rapporto con l’ambiente, che prefigura, attraverso il Diagramma e in maniera sempre più simile a una rete elettronica, le possibili relazioni tra le parti di natura topologica (deformazioni senza strappi-piegature). Più semplicemente: l’architettura “Comunica” e il centro di interesse si sposta dal rapporto forma-funzione alla forma che in-forma: immaterialità,uso della metafora, uso illusionistico della “trasparenza” catalizzatore dell’età industriale. La superficie si fa schermo, dotato di profondità, luogo di scambio mutevole di informazioni e luogo del rapporto architettura - ambiente (edifici che reagiscono all’ambiente o lo modificano). Informazioni che dall’esterno (lo schermo-superficie) passano all’interno e in-formano lo spazio nella sua totalità. Poiché “Non esiste più una sensibile differenza tra quello che è “architettura” e quello che non lo è”. (A. Saggio 2011)
Maria Teresa Cutrì
Note (1) A. Saggio, “ … Il nostro tempo è la prima dimensione del nostro spazio …”, Tempo prima dimensione dello spazio, 25 novembre 2004, Arch’IT-Coffee Break (2) A. Marotta, Salto e lineare, in A. Saggio, a cura di, Architettura & information tecnology, Roma 2011 (3) A. Saggio, Informazione materia prima dell’architettura, 19 marzo 2004, Arch’IT Coffee Break
Testo critico-progettuale, piuttosto che manuale storico-filologico, Architettura e modernità di Antonino Saggio, non è solo un testo di storia, utile per conoscere l’architettura degli ultimi ottant’anni, ma anche uno strumento utile per stimolare il pensiero progettuale - secondo quell’idea di “ storia come metodologia del fare architettonico” di Zevi, per cui “i risultati ottenuti attraverso gli studi storici possono, anzi devono essere vagliati nell’operare architettonico, sul tavolo da disegno, alla verifica della composizione”(1) - e la riflessione critica di chi, oggi in piena rivoluzione informatica, avvicinandosi alla pratica architettonica, tenta di collocare le attuali ricerche in una prospettiva storica più ampia, di comprenderne il senso e le ragioni. Il libro esamina, infatti, la storia dell’architettura dal Bauhaus alla rivoluzione informatica proponendo non una successione storica di eventi o la descrizione dei grandi personaggi che, con la loro opera, hanno segnato i diversi momenti della storia, ma una selezione di grandi temi, secondo una successione cronologica (gli anni della macchina, l’era dell’individualità, la ricostruzione del significato, gli anni del Big Bang , gli anni del linguaggio, gli anni dei contesti e dei palinsesti , il successo dell’architettura nel mondo, la rivoluzione informatica) che consentono al lettore di avere una visione chiara, complessiva, della storia dell’architettura e di riuscire a collocare gli architetti e le loro opere all’interno di un contesto storico e culturale più ampio, di cogliere le relazioni tra ricerche diverse, in alcuni casi anche poco note (come nel caso di Takis Zenetos) o cui non è dato altrettanto spazio in altri testi di storia (come la mostra “Roma interrotta”) e di riuscire, alla fine, a leggere nell’architettura l’espressione di un epoca, di un “paradigma”, come afferma l’autore nell’introduzione citando Kuhn. Il percorso dell’architettura, dagli “anni della macchina” (1919-1929) alla “rivoluzione informatica” (dopo il 2001), viene letto, infatti, confrontando due paradigmi: la tendenza oggettiva, meccanica, astratta e funzionale affermatasi nella metà degli anni venti del Novecento e l’idea di un’architettura basata sulla soggettività, sulla personalizzazione, sulla comunicazione e sulla complessità, come elementi che segnano la fase attuale del nuovo millennio; il passaggio, quindi, da metodi progettuali basati su sistemi assiomatici, ideologici e induttivi, ad approcci deduttivi che valorizzano le potenzialità degli attuali sistemi di simulazione. Alla luce di questa rivoluzione, di elementi come la trasparenza, che colpiscono e affascinano nell’architettura del movimento moderno così come in quella contemporanea, si riesce a dare un’interpretazione completamente diversa: in chiave “antiprospettica, astratta e analitica” come “negazione della forma” (pag. 43-44) e smaterializzazione dell’architettura, nel caso di Gropius; “iper contestuale” , cioè strettamente legata al contesto e iper soggettiva in epoca contemporanea in Nouvel (pag.375). La trasparenza, allora, da semplice carattere dell’architettura e dei suoi materiali diventa il segno di una trasformazione che riguarda l’essenza stessa dell’architettura, il suo significato più profondo, e come questo si trasforma dall’età della macchina alla rivoluzione informatica. Un testo, quindi, che, rispetto ad altri, “completati” in edizioni successive attraverso aggiornamenti, crea una prospettiva storica basata sull’oggi, una lettura della storia alla luce di una contemporaneità vista come momento cruciale, punto di arrivo e al tempo stesso di partenza , “re-inizio”, come suggerisce il titolo del paragrafo conclusivo. Se, quindi, molti critici leggono nella contemporaneità la fine del moderno, considerato come un fenomeno unitario, con un inizio e una conclusione, il testo di Saggio, riprendendo l’interpretazione zeviana di modernità “come ciò che trasforma la crisi in valore e suscita un’estetica di rottura”, vede nell’attuale paradigma informatico una continuazione e riaffermazione della modernità, concepita non come progresso, evoluzione, in un processo di continuo superamento del passato, ma come categoria a-storica che, applicabile a qualunque epoca, ci consente di interpretare il passato per proiettarci nel presente. Architettura e modernità, quindi, non può essere valutato solo da un punto di vista storiografico, semplicemente come un testo di storia dell’architettura, ma il suo punto di forza consiste soprattutto nel porre al lettore interrogativi sulla situazione attuale dell’architettura; alla luce, allora, di un’interpretazione della modernità come risposta a un momento di crisi, in un momento quale quello che stiamo vivendo, in cui l’architettura appare sempre più soggetta a logiche di consumo del territorio e la sostenibilità del progetto appare come una necessità sempre più urgente, quale strada scegliere per fondare una nuova “estetica di rottura”? Se l’informatica può svolgere un ruolo determinante nell’affrontare le crisi della società contemporanea, può essere lo strumento per trasformare la crisi in valore, l’esperienza di Mockbee e Rural studio posta a conclusione del libro, sembra indicare un’altra strada possibile: una ricerca di rigore e un’assunzione di responsabilità, un uso più consapevole dei materiali e delle tecnologie che fa non della tecnologia ma del modo in cui ci rapportiamo ad essa e ci interroghiamo sui suoi possibili usi, lo strumento di salvezza dalle crisi grandi e piccole della nostra epoca, quella salvezza, che anche Heidegger individua in una disvelata essenza della tecnica, che può dare un nuovo senso alla Modernità.
Roberta Causarano
Note (1) cit. in R. De Fusco, “Dentro e fuori l'architettura: scritti brevi (1960-1990)
Il libro di Antonino Saggio è ecologico e tele-micro-scopico. Questo non vuol dire né che sia stampato su carta riciclata, né che alleghi, come gadget, lenti o specchi. “Architettura e modernità” usa l’ecologia, come la usava Banham (1). Ecologia quindi come disciplina che studia gli esseri viventi nello loro relazioni reciproche e nelle interazioni con l’ambiente. Ripercorrendo in otto parti, più di ottant’anni di storia dell’Architettura, Saggio sembra individuare altrettante ecologie. Ogni opera che descrive, ogni architetto su cui si sofferma, fanno parte di un «palinsesto attivo e sempre diverso» (2), definito da relazioni, non solo urbane o compositive, ma soprattutto culturali, sociologiche, geografiche, storiche ed economiche. Tantissime interazioni sono sottolineate: lo scenario più evocato è quello delle arti figurative, ma le relazioni più vivide e decise provengono dal campo della tecnica, sia essa industriale o informatica. Solo con uno sguardo pluricentrico, che definisce vere e proprie ecologie, si può riuscire a comprendere pienamente, le spinte che ricevono gli architetti, ma soprattutto i risvolti gravidi che le loro opere portano nell’ecosistema. Proprio questa visione ampia e dinamica è la capacità telescopica cui si faceva cenno all’inizio. L’autore guardando da una giusta distanza, riesce ad osservare i fenomeni nello loro complessità, ma anche nella loro complementarità. Descrive le (archi)star, nel rapporto reciproco, nelle riverberazioni, nella luce abbagliante che tutte insieme emanano. Il libro però è anche intensamente microscopico. L’autore, infatti, non indaga solo la star, ma soprattutto l’uomo. La natura, la personalità, le caratteristiche peculiari dell’architetto, sono messe in luce con grande capacità di penetrazione. L’architetto finalmente diventa uomo. Si ritrova l’umanità persa dalla Storia (dell’Architettura), che sembrava fatta da soli idoli. Apparendo drammaticamente terreni, si rivelano davvero toccanti i racconti delle scomparse premature. Ci ricordano che i miti sono solo uomini, spesso anche sfortunati. La lettura del testo è una, unitaria e scorrevole ma è al contempo trina, perché formata dall’addizione di tre momenti: la ricognizione storica generale, l’inquadramento nel contesto architettonico e l’approfondimento umano del progettista e delle sue pulsioni. Ovviamente lo sviluppo di questi tre tempi (per ottant’anni in 444 pagine), ha bisogno di spiccate capacità sintetiche, che spesso però possono fare il paio con inclinazioni alla superficialità. In Architettura e Modernità, invece, i riferimenti sono secchi e precisi, mai ridondanti. Questo crea spazio per riflessioni sintetiche e decisamente illuminanti dell’autore. L’abile comprensione dei fenomeni di ogni natura dovrebbe costituire, sempre e come in questo caso, il primo gradino della scalata progettuale. Ultimo punto su cui soffermarci è la scelta delle immagini . Lo scopo sembra quello di mostrare nuove o dimenticate prospettive. Le immagini più potenti, sono infatti proprio quelle che ci fanno apprezzare le opere da punti di vista inediti, ritracciando il percorso associativo nella nostra memoria. Le architetture sulla carta, quelle che non è stato possibile vedere di persona, diventano tridimensionali: finalmente le possiamo girare, conosciamo i lati ed il retro. Spesso sfogliando il libro, proprio per la viziata abitudine a vederle sempre da una sola angolazione, quasi non le riconosciamo immediatamente. Suscitano però un ritrovato interesse, che ci spinge ad avvicinare il libro agli occhi per aggiungere alle cartelle della nostra memoria ogni dettaglio mai visto prima. Questo testo ci insegna che lo sviluppo, e cioè l’avvicendarsi delle rivoluzioni, è veicolato dall’interazioni plurivoche e pluridisciplinari che si instaurano tra uomo e uomo e tra uomo e contesto. Se fossimo inoltre così abili da allontanare e da avvicinare lo sguardo, se avessimo quindi insieme la capacità del telescopio e del microscopio, potremmo comprendere lo scenario complesso ma inclusivo, da lontano, e riusciremmo ad apprezzare l’unicità e l’umanità degli uomini che lo modellano, da vicino.
Alessia Vitali
Note (1) Con riferimento all’opera di Reyner Banham, Los Angeles. L’architettura di quattro ecologie, Giulio Einaudi editore, Torino, 2009. (2) Reyner Banham, Los Angeles. L’architettura di quattro ecologie, op. cit., p. XVII.
Autore |
Antonino Saggio |
Titolo |
Architettura e modernità |
Editore |
Carocci |
Città |
Roma |
Anno |
2010 |
Pagine |
467 |
Prezzo |
€ 43,70 |
ISBN |
9788843051649 |
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