|
|
Prove di avvicinamento all’ecopiano urbanistico
Due tesi di laurea sulla riqualificazione urbanistica della periferia est di Roma
Tesi di laurea di Michele Reginaldi e Federica Mari Relatore Paolo De Pascali
L’ambiente nel piano
L’evenienza che la configurazione spaziale e l’organizzazione funzionale degli insediamenti incidano in maniera determinante sulle condizioni dell’ambiente urbano risulta oramai universalmente acquisita e indiscussa. La constatazione, cioè, che i diversi assetti della città fisica influenzino, secondo la conformazione, la composizione e l’interrelazione degli elementi di cui si compongono, la qualità ambientale urbana è diffusamente riconosciuta almeno a partire dalla Conferenza di Rio del 1992 in cui fu promulgata l’Agenda 21 Locale ed in cui fu stabilito il nesso indissolubile tra le dimensioni locale e globale.
Meno scontato e soprattutto meno praticato appare invece lo sviluppo logico operativo di tale assunto, nel senso che le posizioni propositive di intervento per indirizzare virtuosamente la declinazione del rapporto tra città fisica e ambiente urbano appaiono ancora deboli e parziali, e soprattutto poco valorizzate nella generalità dei piani urbanistici. Più in generale appare che la stessa disciplina urbanistica così come viene operativamente praticata, ma anche come viene elaborata nei percorsi metodologici, incontri notevoli difficoltà ad acquisire propositivamente il paradigma ambientale, in termini di lettura urbana e di qualificanti indirizzi di piano, nonostante le grandi e variegate dichiarazioni di interesse esposte in recenti congressi delle principali associazioni nazionali (INU e SIU). Non è questa la sede per indagare in profondità le ragioni di tale complessa condizione che sembra assumere per certi aspetti un comportamento di tipo schizofrenico. Da una parte si proclama l’esigenza dell’incorporazione completa della valenza ecologico ambientale nella disciplina, dall’altra se ne tiene sostanzialmente scarso e parziale conto nella elaborazione dei piani. Probabilmente in ciò confluiscono difficoltà oggettive di varia natura, che riguardano: la modesta efficacia nel merito degli strumenti di intervento a disposizione, le limitate prospettive di coinvolgimento del capitale privato, l’effettiva complessità intrinseca della materia in cui convergono diverse discipline, la mancanza di un efficace quadro nazionale di sostegno; ma forniscono il loro contributo anche inadeguatezze culturali dovute alla scarsa presenza e maturazione tecnico-scientifica della tematica nelle competenze degli urbanisti, la ridotta sensibilità degli amministratori e policy maker, maggiormente attratti da obiettivi più rapidamente remunerativi in termini politici, la sostanziale diffidenza di alcuni dei principali operatori di riferimento del piano urbanistico quali i costruttori, culturalmente poco permeabili alla tematica ed all’innovazione in generale, pur’anche quando si caratterizza come opportunità d’impresa. In ogni caso appare certamente rilevante per tale condizione di debolezza l’esiguità dell’attività di ricerca scientifica dedicata al settore, nel quadro peraltro del processo più generale, in corso oramai da diversi anni, di sensibile allontanamento della disciplina dalla ricerca scientifica propriamente detta. Il settore dell’ambiente urbano per contro, per potersi configurare efficacemente e contribuire ad allineare il piano urbanistico con i temi e i problemi della contemporaneità, necessiterebbe di vigorose azioni di filiera, dalla ricerca di base, allo sviluppo applicativo, fino al trasferimento dei risultati e delle conoscenze acquisite verso i tecnici, gli amministratori, gli operatori economici. L’applicazione su tale direttrice potrebbe recuperare e dispiegare secondo declinazioni attuali la tensione previsiva di Giovanni Astengo verso un’urbanistica come scienza, coniugabile come tale se non in forma assoluta almeno in termini parziali e soprattutto in modo progressivo ed evolutivo (v. definizione di "Urbanistica", Enciclopedia Universale dell’Arte, vol. XIV, Venezia 1966).
Quale ambiente nel piano
In sostanza appare evidente che l’evoluzione di quella che fu definita a suo tempo “urbanistica democratica” non può non considerare e perseguire, in sinergia con gli obiettivi statutari originari, quali la lotta alla rendita parassitaria, l’adeguamento delle dotazioni di attrezzature collettive e infrastrutturali, la risposta ai fabbisogni abitativi, la perequazione degli effetti, etc., la qualità dell’ambiente urbano così come scaturisce dall’indirizzo e controllo dell’organizzazione insediativa. In ciò ampliando in maniera strutturale il suo campo di osservazione e soprattutto di intervento, pur’anche contemplando il progressivo adeguamento del “codice genetico” dell’urbanista per ciò che riguarda competenze e cassetta degli attrezzi. Ma di quale “ambiente” parliamo? Nel senso che il termine si presta a diverse interpretazioni secondo il punto di vista assunto ed i parametri adottati; inoltre se usato in forma troppo omnicomprensiva e poco articolata negli specifici fattori rischia di diventare generico e non contribuire a interpretare operativamente la realtà urbana specialmente per ciò che riguarda le previsioni di riorganizzazione e riqualificazione della configurazione fisica degli insediamenti. Tradizionalmente l’ambiente nel piano urbanistico ha principalmente trovato declinazione nel controllo dei fattori idrogeomorfologici per la tutela del territorio e la sicurezza degli abitanti, e dei processi di naturalizzazione/rinaturalizzazione del costruito tramite l’impiego di sistemi verdi per il benessere psicofisico dei cittadini e di reti ecologiche per il ripristino/mantenimento di livelli di biodiversità. La considerazione di tali fattori e processi annovera oramai una discreta presenza sperimentale nei piani urbanistici che denota sostanzialmente un certo grado di consolidamento dei temi suddetti nella disciplina anche in termini propositivi. Tali temi assumono in qualche modo valenza astorica essendo presenti fin dalle origini dell’urbanistica moderna seppur in diversa misura e con diverso grado di approfondimento scientifico. In tempi più recenti, seppur comunque relativamente lontani dai nostri essendo presente almeno fin dai primordi dell’urbanistica funzionalista, è entrato nel novero dei fattori ambientali il controllo del consumo di suolo per attività edificatorie e infrastrutturali. Con il piccolo gruppo di giovani ricercatori con cui cerco di sviluppare nel campo alcune linee di ricerca in estrema economia in quanto basate su risorse endogene prossime al volontariato, abbiamo preso come riferimento la connotazione di “ambiente urbano” così come scaturisce dal documento comunitario “Strategia Tematica sull’ambiente urbano” (COM(2005)718 definitivo). Dal documento suddetto abbiamo estrapolato i seguenti parametri di caratterizzazione dell’ambiente urbano che appaiono rappresentare i nodi centrali della nostra contemporaneità, ma che nonostante ciò risultano ancora poco o niente presenti e soprattutto poco scientificamente declinati nella pianificazione urbanistica:
- Inquinamento determinato dal carico insediativo;
- Usi energetici di fonti fossili con sistemi tradizionali;
- Comfort microclimatico dello spazio urbano.
Tali parametri sono evidentemente interconnessi nei rapporti causa – effetto e la loro trattazione separata risulta essere di tipo strumentale, utile essenzialmente in termini analitico - operativi, e adatta alla ricomposizione in sede propositivo - progettuale. Questo in particolare per ciò che riguarda lo studio dei rapporti di tali parametri con l’organizzazione fisica e funzionale del sistema urbano al fine dell’indirizzamento della stessa verso configurazioni idonee ad ammorbidire e migliorare tali fattori. Fine ultimo rimane il perseguimento della sostenibilità urbana secondo il relativismo che proviene dalla direttrice concettuale della transizione. La natura esplicita di questi fattori permette la misurazione quali - quantitativa dei fenomeni osservati tramite indicatori e la conseguente rappresentazione grafica anche con l’ausilio di grandezze di tipo indiretto vista la carenza di dati ambientali specifici e disaggregati.
L’ambiente in quale piano
La sperimentazione sviluppata nelle tesi fa riferimento ad un piano per parti di tipo processuale; che privilegia la dimensione urbanistica intermedia di Quaroniana memoria ipotizzandola posta all’incrocio tra un processo di piano top down, tipico per esempio del P.R.G. o di piano di area metropolitana, e un processo bottom up derivante da procedure partecipative e pertanto fisiologicamente originato in ambiti ristretti. Alla convergenza di questi due processi (discendente e ascendente) si ritiene assuma valenza pregnante la considerazione dei fattori ambientali suddetti, anche come legante dei contenuti e delle parti del piano. La valenza ambientale si pone quindi in termini aggiuntivi e non sostituitivi rispetto ai tradizionali contenuti del piano. Assume però carattere strutturale in quanto tende a perturbare e in ogni caso a permeare gli altri parametri che convergono nel progetto. Le caratterizzazioni dell’ambiente così come precedentemente stabilite appaiono particolarmente evidenti nelle aree della periferia urbana compatta quale quella del Quadrante Est di Roma in cui si colloca la sperimentazione e in cui si propone un’ipotesi di confronto e di integrazione di tali tematiche con gli indirizzi del nuovo PRG.
Paolo De Pascali
|
|
|